Convento S.maria Cancellos

Dell’antico e famoso monastero di Santa Maria ad Cancellos esistono adesso soltanto pochi e miseri ruderi nel comune di Cellara al lato della strada provinciale, nella località denominata Cancelli.

Il monastero dell’ordine dei padri Domenicani era stato fondato secondo Padre Fiore da Cropani nella sua opera “Calabria sacra e Profana” l’anno 1590.

Tommaso Aceti nell’annotazione all’opera di Gabriele Barrio “Le antichità e i luoghi della Calabria” scrive che nella bagliva di Figline c’erano tre conventi: uno dei minoriti di più stretta osservanza che sorgeva nell’abitato di Figline, dedicato a San Pasquale Bajlon, era stato fondato nel 1614; un altro nei pressi dell’abitato di Piane dell’ordine dei Cappuccini, dedicato a San Francesco, fondato nel 1609; il terzo di Santa Maria ai Cancelli, che era vetustissimo.

L’ Aceti, che conosceva benissimo il testo del Fiore, non accetta la data di fondazione da questi proposta, e, non potendo indicare una data precisa, dice che era antichissimo, fondato  quindi prima del 1590.

Nel “Regesto Vaticano” di Padre Francesco Russo è pubblicata una bolla dell’1-02-1585 in cui si parla del monastero di Santa Maria ai Cancelli.

Questo documento conferma la tesi dell’ Aceti che voleva il suddetto convento vetustissimo.

Nella chiesa di Santa Maria ad Cancellos c’era il nobile altare della famiglia Parisio sul quale era un celeberrimo quadro che rappresentava l’Epifania del Signore, dipinto dalla mano di un espertissimo artefice che lo stesso cardinale Pietro Paolo Parisio, o Flaminio Parisio, vescovo di Bitonto, fece ornare con lo stemma gentilizio. In questo monastero morì e fu seppellito Giacomo Bruno maestro dell’ordine dei predicatori, filosofo e teologo celebre ai suoi tempi, autore di numerose opere.

All’inizio dell’Ottocento la fama di cui il monastero era stato per oltre due secoli circondato si appanna e, durante il decennio napoleonico, i cittadini di Figline e Francolisi, tra cui gli eletti Francesco Vetere, Miglio, il capo della guardia civica capitano Giuseppe Crocco, i sacerdoti Rocco Cundari e Giuseppe Greco ne chiesero la soppressione: « I rappresentanti delle comuni di Figline e Francolisi a nome e parte delle intere popolazioni unitamente ai sotto annotati particolari cittadini di essi, supplicando espongono a Vostra Eccellenza come trovandosi in detto comune un convento di frati domenicani, il quale per essere situato molto distante dall’abitato, giammai ha recato veruno utile alle suddette popolazioni, tanto allo spirituale, quanto al temporale, anzi è stato sempre di sommo danno all’uno e all’altro, giacché le rendite dello stesso che oltrepassano i mille e quattrocento ducati sono state sempre dissipate da pochi frati cosiché invece di essere di esempio sono stati di scandalo. E molto più per essere stato il detto convento un ridotto di briganti così che il giorno 4 del passato luglio, si fece del generale Verdier una spedizione di Polonnesi per abbattere molti stemmi rivoluziona- ri che si erano inalberati nei paesi di questo circondario, e passando la truppa per la parte di detto convento da ivi molti briganti fecero fuoco contro la stessa, così che furono costretti ad assediarlo e bruciare un quarto del medesimo da dove ricevevano i colpi ed in seguito furono bruciate anche molte case di questo suddetto comune. A proporzione che cresceva l’insurrezione il detto convento concentra- va numerose orde di briganti alla testa dei quali si pose il famoso fu Vincenzo Zumpano procuratore del medesimo armato di sciabola e fucile scorrendo fin dentro la città di Cosenza e commettendo dei saccheggi ed altri disordini per cui dopo tornate le vincitrici armi francesi fu arrestato dalla guardia civica di detto luogo e tradotto alla commissione militare così che morì dentro le regie forze. Pervenne posteriormente circolare il decreto del Consiglio col quale si prescriveva che ogni convento avesse rivelato se conteneva i frati briganti e mancando ad una tale rivela il convento restava immediatamente soppresso.

In detto convento non si fece simile rivela perché i frati tutti erano intinti di brigantaggio. Dunque in forza di una tale legge il detto convento dovevasi sopprimere e sopratutto perché i frati prevedendo la inevitabile soppressione dello stesso con aperta frode àn fatto comparire dati a censo diversi corpi stabili con enormissima lesione sopra l’annuo canone, colludendo colle parti ed asserendo istrumenti stipulati prima la rivolta tutto a’ fini di profittare vedendosi alla giornata devortare tutti li beni di detto convento ad iscanzo di simili disordini i supplicanti abbandonati alla incorrotta giustizia di V.E. vivamente la supplicano di benignarsi di ordinare la soppressione ben dovuto al surriferito convento e convertire le rendite dello stesso in quell’uso che meglio stima per l’utile pubblico potendosi compiacere di istituire in luogo dello stesso una casa di educazione al convento dei minori osservanti che sta situato dentro l’abitato di questa comune di Figline o pure compensarne tanti patiti delle suddette comuni con le di loro case bruciate dalli briganti per il di loro notorio e deciso attaccamento alla nazione francese o in altri uso che meglio sarà dell’aggrado di V.E. per il vantaggio di dette povere comuni.» Tre anni dopo, con decreto del 7 agosto 1809, il monastero fu effettivamente soppresso, ma i suoi beni, venduti all’asta, non finirono nelle mani dei poveri “bracciali” che vi aspiravano come ad un loro sacrosanto diritto, né andarono a vantaggio “di dette povere comuni”, come auspicato dai coloro che avevano richiesto la soppressione del monastero.

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